
07 Aprile 2025
Intervento ad Omnibus (La 7) su dazi e strumenti per le imprese italiane
I progetti in corso non si fermano, le aziende hanno gli strumenti per reagire
Lucio Miranda, presidente di ExportUSA, commenta ai microfoni di Buongiorno inBlu2000 l’attuale fase di transizione del sistema commerciale USA. Con la sospensione parziale dei dazi, le aziende italiane hanno margini di manovra: “Non c’è panico tra gli imprenditori, stiamo già lavorando su tecniche di importazione che riducono l’impatto doganale”. Trattative e scenari futuri nel focus dell’intervista.
Il 10 aprile 2025, Lucio Miranda, presidente di ExportUSA, è intervenuto nella trasmissione radiofonica “Buongiorno inBlu2000” condotta da Chiara Placenti, per commentare la sospensione parziale dei dazi annunciata dal presidente Donald Trump.
Secondo Miranda, la riduzione temporanea dal 20% al 10% per un periodo di 90 giorni non è solo una buona notizia per i mercati, ma rappresenta l’inizio di una nuova fase negoziale tra gli Stati Uniti e i singoli paesi esportatori. Tuttavia, il clima resta incerto.
Nonostante il clamore mediatico che ha seguito l’annuncio dei dazi, Miranda ha sottolineato come le imprese italiane non si siano lasciate paralizzare: “I nostri clienti hanno proseguito con i piani di investimento e ci hanno continuato a contattare. Non abbiamo riscontrato panico, ma determinazione”.
Questa resilienza è supportata da strategie pratiche che ExportUSA sta già applicando: “Esistono tecniche di importazione in grado di ridurre sensibilmente l’impatto dei dazi. Si lavora con i produttori e con le dogane per ottenere autorizzazioni che permettano di calcolare i dazi su un valore inferiore al prezzo pieno”.
Miranda ha fatto riferimento a soluzioni personalizzate, in grado di abbassare l’imponibile doganale per settori strategici come:
“Non si tratta di annullare il dazio”, spiega, “ma di lavorare su una base imponibile ridotta, per esempio pagando il dazio su 65 anziché su 100”.
L’intervista ha toccato anche il contesto geopolitico ed economico che ha influenzato il passo indietro dell’amministrazione Trump. Secondo Miranda, i dazi rientrano in una strategia più ampia, influenzata dai mercati finanziari e dalle esigenze di rifinanziamento del debito pubblico americano. L’analogia è con il Plaza Accord del 1985, quando le maggiori potenze mondiali si accordarono per svalutare il dollaro.
Eppure, Miranda conclude con una nota di ottimismo: “Quello che è accaduto dimostra che l’amministrazione americana può essere riportata a più miti consigli. La sospensione è un segnale importante, e in questi 90 giorni sarà cruciale riorganizzarsi, adottare soluzioni intelligenti e negoziare condizioni eque”.
Chiara Placenti
L'attenzione continua ad essere puntata su Trump e sui dazi ancora non abbiamo scritto la fine però sappiamo che ieri il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato questa modifica dal 20% al 10% per 90 giorni per tutti quei paesi che non hanno adottato ritorsioni nei confronti degli USA, quindi esclusa la Cina per la quale in realtà i dazi sono stati ulteriormente inaspriti al 125% e questa mattina sono scattati dazi cinesi nei confronti dei prodotti statunitensi.
Novanta giorni per le trattative, poi cosa succederà tra 90 giorni? Cosa vuole veramente Trump e soprattutto questo a basta tranquillizzare, non solo i mercati, che abbiamo visto ieri, Wall Street ha cominciato a correre e speriamo una stessa performance oggi dei mercati europei, ma gli imprenditori, gli investitori in questo momento si sentono rassicurati oppure il clima d'incertezza regna ancora di più?
Bentornato Lucio Miranda, presidente e fondatore di ExportUSA.
Allora, Miranda con ExportUSA aiutate le imprese italiane ad arrivare oltreoceano e quindi anche a poter creare il giusto contesto e supporto per le nostre imprese nel territorio statunitense.
Che aria si respira?
Lucio Miranda
Quando tutto fu annunciato ci fu un momento di panico sui media italiani, quindi giornali e televisioni. Devo dire che questo panico non si era trasmesso in modo paritetico alle aziende perché le aziende hanno continuato a contattarci, hanno continuato nei loro piani di investimento, quelli che avevano pianificato prima ancora dell'arrivo dei dazi, per cui diciamo che le cose sì, c'era un po' di preoccupazione, ma non panico. Sull'onda di quello che è successo ci siamo messi subito al lavoro e devo dire che ci sono due o tre tecniche di importazione negli Stati Uniti che hanno la capacità di ridurre significativamente l'impatto dei dazi. Non sono proprio per tutti, ma coprono parecchi settori tra i quali: le calzature, la moda, l'abbigliamento, gli accessori per l'abbigliamento, i macchinari, i beni industriali ad alto contenuto tecnologico.
Chiara Placenti
Ci può spiegare facilmente quali possono essere queste tecniche?
Lucio Miranda
A secondo del tipo di bene, del tipo di prodotto, si lavora con il produttore insieme alle dogane per ricevere le autorizzazioni necessarie e per poter imporre il dazio su un prezzo calmierato, diciamo così, in maniera tale da ridurre l'impatto dei dazi. Invece di pagare il dazio su 100, pago il dazio su 65.
Non è dazio zero, ma è molto meno. Questo è quello su cui stiamo lavorando, stiamo dando gli ultimi ritocchi a queste tecniche di importazione, che finiremo di mettere a punto nei prossimi giorni.
Poi è arrivata la notizia di ieri, del procrastinamento dei 90 giorni per l'entrata in vigore dei nuovi dazi, e questa è una buona notizia insomma, no?
Chiara Placenti
Direi proprio di sì, abbiamo visto infatti la risposta positiva dei mercati.
Su questo non discutiamo. Occorre però capire questi 90 giorni per cosa saranno utilizzati e anche capire perché Trump abbia cambiato idea, di fronte alle perdite dei mercati non sembrava avesse intenzione di fare il passo indietro.
Lucio Miranda
No, non aveva nessuna intenzione di fare il passo indietro e i dazi sono parte di una strategia molto più ampia. I dazi sono un modo per, e questo non lo dico io, è tutto scritto, ed è tutto scritto, perché è tutto scritto nel rapporto Miran del novembre 2004.
[ndr: Stephen Ira Miran è un economista statunitense che, a partire da marzo 2025, ricopre la carica di presidente del Consiglio dei Consulenti Economici (Council of Economic Advisers) sotto l'amministrazione del presidente Donald Trump. Miran è noto per il suo saggio intitolato "A User's Guide to Restructuring the Global Trading System", pubblicato nel novembre 2024. In questo documento, analizza gli squilibri economici globali, attribuendoli principalmente alla persistente sopravvalutazione del dollaro statunitense. Propone l'uso di dazi e strategie valutarie come strumenti per riequilibrare il sistema commerciale internazionale. Questo saggio ha avuto una notevole influenza sulle politiche tariffarie dell'amministrazione Trump, contribuendo a modellare l'approccio protezionistico volto a ridurre i deficit commerciali e a promuovere la reindustrializzazione degli Stati Uniti].
Quindi i dazi sono una mossa per acquisire il potere di trattativa e poi andare a negoziare con i vari paesi. Un nuovo modo per tenere o svalutare il dollaro, una specie di riedizione del Plaza 1985, non voglio dire Bretton Woods perché stiamo volando troppo alti per i personaggi, ma una riedizione del Plaza sì e poi provare un modo per essere certi di riuscire a rifinanziare il debito pubblico americano che sta scappando da ogni controllo senza far impennare i tassi d'interesse.
[ndr: Plaza 1985 è il nome dell’Accordo firmato il 22 settembre 1985 a New York da Stati Uniti, Francia, Germania Ovest, Giappone e Regno Unito (G5). Obiettivo: Svalutare il dollaro, che si era apprezzato troppo negli anni precedenti, danneggiando le esportazioni statunitensi. I Paesi firmatari si impegnarono a intervenire congiuntamente sul mercato dei cambi, vendendo dollari e acquistando le proprie valute per riequilibrare i tassi di cambio. Risultato: Il dollaro perse valore rapidamente e favorì le esportazioni USA ma creò problemi economici per il Giappone, contribuendo alla bolla speculativa degli anni '90. Nel 1987 fu firmato l’Accordo del Louvre per fermare l’eccessivo declino del dollaro e stabilizzare i mercati valutari].
Quindi questa è un po' la strategia. In questo senso Trump è disposto ad accettare dei disagi perché la teoria è che siamo in una transizione da una forma economica ad un'altra.
Il primo problema qual è? Che i mercati hanno reagito in maniera molto più forte del previsto, con il petrolio a 56 dollari, e i finanziatori della campagna elettorale di Trump non devono averla presa bene. Sono preoccupati, perché tra i 35 e i 45 dollari c'è il minimo che il mercato dell'estrazione in America può sopportare e quindi sono tutti allarmati insieme all'Arabia Saudita e ai russi.
Il secondo problema è il crollo altrettanto verticale dei bond e dei Treasuries a lungo termine, i 10, i 20 e i 30 anni. Se questi crollano e i tassi salgono perché c'è una correlazione inversa, dimentichiamo che la Fed possa tagliare i tassi d'interesse. Quindi gli stava crollando in mano tutto ed è dovuto correre ai pari.
Chiara Placenti
Infatti c'è chi dice che forse è stato più convinto da questo secondo elemento, ovvero, tenuto conto che proprio ieri si doveva tenere un'asta di bond e il rischio era che andasse deserta, una delle ricostruzioni che viene fatta (considerando che oltre l'80% degli acquisti dei bond è avvenuto dall'estero) è che nel giro di telefonate con le controparti abbia suggerito l'acquisto dei bond, infatti l'asta è andata benissimo e questo 84% (non succedeva dal 2013) sono tutti acquirenti esteri. E poi Trump ha sospeso i dazi.
Sarà un caso? Una coincidenza?
Lucio Miranda
C'è però anche da dire un'altra cosa: se guardiamo il livello dei prezzi durante l'asta, erano crollati, e ciò può essere frutto di un accordo ma può anche essere dovuto al fatto che molti li abbiano comprati perché i prezzi erano bassi, e l'amministrazione americana si aspettava probabilmente un calo ma non così importante. E quindi sono dovuti tornare sui loro passi perché appunto questa disfatta sulla parte dei titoli impedisce un taglio dei tassi, e sulla parte del petrolio vuol dire che tutti quelli che estraggono petrolio in America rischiano di non avere più profitti. In più Trump avrà sentito sicuramente sia la Russia che l'Arabia Saudita.
Chiara Placenti
Ragionando in termini di imprenditore, tiriamo il fiato perché è arrivata questa sospensione. Però non resta il dubbio dell'imponderabilità delle prossime scelte di Trump? Cioè capire se è arrivata una sorta di lezione pedagogica per cui ci aspettiamo un Trump quantomeno più cauto nelle prossime scelte e decisioni oppure resta l'incertezza legata a quello che domani potrà succedere.
Lucio Miranda
Beh, quello che è successo ieri però è la chiara dimostrazione che esiste il modo per far cambiare idea all'amministrazione Trump e c'è il modo di portarli a più miti consigli. Questa è la notizia secondo me, l'elemento chiave che dovremmo derivare da quello che è successo.
In realtà poi i dazi non sono stati sospesi. I dazi sono stati portati dal +20 al +10 per 90 giorni.
Poi l'altra dichiarazione è stata: negozieremo dazi equi con ciascun paese, dobbiamo rivedere come abbiamo fatto le cose, negoziare in maniera più serena e onesta i livelli di dazio con ciascun paese e di lì andiamo avanti.
Quindi se in questi 90 giorni di tempo ci saranno delle negoziazioni fruttuose che portano ad andare avanti nel discorso, secondo noi non dovremmo rivedere una stagione di dazi selvaggi come quella prospettata fino alla settimana scorsa
E anche con il 10%, noi abbiamo visto la reazione da parte dei nostri clienti che erano, sì, un po' in ansia, ma anche con il 20% avevano deciso di andare avanti e continuavano nei loro progetti. Con il 10% per cento meglio, ovviamente.. E poi comunque esistono modi, come dicevo prima, per ridurre ulteriormente l'impatto.
Quindi abbiamo fiducia. Certo che il retrogusto è quello che diceva lei, insomma, ovvio che c'è un po' di incertezza.
I progetti in corso non si fermano, le aziende hanno gli strumenti per reagire
Calcolare i dazi per importare in America prodotti di alluminio e acciaio
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